All’ombra dell’ombrellone
Il mare era proprio bello quella mattina: l’onda piccola, il vento lieve, l’acqua chiara. E Glauco, arrivato di buon’ora, si era adagiato sulla sabbia, sotto l’ombrellone, e si sentiva proprio bene. Non aveva voglia né di andare a nuotare, né di prendere il sole, né di cercare gli amici; gli andava bene così!
Veramente, per un momento, guardando senza il solito interesse il suo giornale sportivo preferito lasciato lì a sole, neanche sfogliato, aveva temuto di star diventando abulico; ma la beata rilassatezza che si sentiva addosso, nei nervi, nei muscoli e, ancor di più nella mente, lo aveva presto tranquillizzato. Così, indirizzò lo sguardo, man mano meno attento, al brillio dell’acqua marina e alla luce lontana dell’orizzonte e, pian piano scivolò nel sonno.
E,… allora sì che ne vide di cose!
Proprio lì intanto era venuta una fanciulla, che si sedette all’ombra e, silenziosa aveva preso a guardarlo: con occhi vaghi ed attenti allo stesso tempo. Lui non si era accorto di nulla; né poteva accorgersi di qualcosa: lui era sprofondato in una grande, immensa storia d’amore.
Giusto in quel momento vedeva – stava vedendo – la greca Alcesti offrire se stessa alla Morte, al posto del proprio sposo, Admeto. Ci sarebbe stato un altro disposto ad un tale gesto?
No, non ci fu. Nessun altro; proprio nessuno che fosse pronto a quello scambio, che il Dio Apollo aveva pattuito col Dio delle Ombre: la vita del suo prediletto Admeto in cambio di quella di un …. volontario!
Solo Alcesti, la bellissima Alcesti, la fedelissima Alcesti, aveva accettato. E Glauco, incredulo di tanto amore, la vedeva lì, che spronava i propri figli ad avvinghiarsi alle ginocchia del disperato padre, per impedirgli di fare ciò che minacciava: rifiutare il patto di Apollo.
Era irremovibile la bellissima Alcesti. Era certa che, proprio Admeto sarebbe stata la guida migliore per crescere i loro figli, e per questo si dava in sacrificio!
Qui la mente di Glauco, pur nel sogno, vacillò: e,…se si fosse trovato lui, piccolo, in questa situazione, avrebbe dovuto allora rinunciare ai sorrisi di sua madre? Non ci poteva credere!
Tanto che cominciò ad agitarsi sotto l’ombrellone, fors’anche perché, intanto, la ragazza arrivata andava lasciando scorrergli piccoli pugni di sabbia sulle ginocchia. Lui ne sentiva forte il fastidio, ma non accettava che la storia cui stava assistendo potesse finire in modo tanto atroce. Allora a tastoni cercò la sua gamba, toccandosela con le dita nervose e le palpebre un poco schiuse, per allontanarsene il fastidio. Ancora abbastanza chiuse però da consentirgli di assistere alla forza dell’eroe Ercole riportare la bella Alcesti alla vita, strappandola al funesto regno delle Ombre.
Tanta fu la soddisfazione che ne ebbe, che finalmente apprezzò quel delicato profumo che gli si andava spandendo da presso e che, solo ora, valse a fargli spalancare gli occhi.
La riconobbe subito: “Piccola!!” disse, con la voce che voleva esclamare e che la sorpresa frenava, quasi a strozzarla.
“Piccola quando si giocava nel cortile! – disse lei, divertita – Ora non tanto, non ti pare?”
Lui guardava estasiato e stordito, forse non sentiva;e non di certo per effetto del suo sogno. Piuttosto perché sentiva dentro di sé un tempo lontano e rarefatto diventare improvvisamente denso ed attuale.
“Vorrei abbracciarti!”
“Voglio abbracciarti!!”
E così i ricordi di cose comuni fluirono dalla loro pelle, nel loro sangue. E questo bastò a farli ritrovare. E non sentivamo il bisogno di parlare: così se ne stettero ad interrogare il rumore del mare per lungo tempo.
“Ti chiamavo Piccola e vorrei continuare a chiamarti piccola, ti dispiace?” disse Glauco con un lucente sorriso degli occhi.
“No. Tu eri solo un pochino più grande e ti piaceva sottolinearlo. Ora io sono sempre più piccola di te, e non mi dispiace sottolinearlo!”. Rispose lei allargando le mani, allegre e leggere.
“Per te son sempre stata Piccola, forse neanche sai il mio nome! ”, soggiunse.
Pensieri ed immagini vagavano affastellandosi nella mente di Glauco, e in fretta quelli della sua infanzia prevalsero sulla storia di Alcesti.
I banchi di scuola, i giochi nel piccolo parco vicino, le mamme, le feste,…
Tutto si alternava davanti ai suoi occhi eccetto che Piccola: fissa nelle pupille! Quella bambina che un giorno, un certo giorno, si era assentata dalla sua vita, chissà perché.
Quasi senza volere Glauco si era messo a fare, col dito, buchi nella sabbia
“ C’è chi taglia e cuce branche, chi leoni addestra in gabbia, chi va in cerca di lumache, io fo buchi nella sabbia!”
La voce gioiosa ed argentina di Piccola, che ripeteva versi di Ragazzoni, lo distolse dai pensieri e gli suscitò un largo sorriso.
“Come hai fatto a riconoscermi dopo tanto tempo?”
“Ah,… non lo so. Ti ho riconosciuto. E mi son fermata ad aspettare che tu finissi i tuoi sogni: questo mi sembra l’importante, noh?” Gli disse con uno sguardo di quelli della Piccola, quand’era piccola. E tu allora? Anche tu mi pare che mi hai riconosciuto all’istante, nonostante fossi imbambolato di sonno.”
“Ma tu sei,… sei…”
“Anche tu,… sei… sei ….anzi,…. sette!”
Anche le battute più banali suscitano grandi scoppi di allegria, quando ci si sente felici, e Glauco e Piccola, in quel momento, veramente lo erano. Si erano persi di vista tanti anni fa ed ora sembrava che non si fossero mai allontanati l’uno dall’altra.
Ed era proprio così, se dentro di loro conservavano immagini così poco sbiadite; tanto pronte a ritornare nitide. E stettero poi un poco ognuno con il proprio silenzio.
“ Piccola, pensi che anche se ero così piccolo, già allora ti amassi?”
“Perché,… mi ami?” Rispose Piccola portandosi d’un balzo al tempo presente.
Glauco la guardò con le pupille vicino e lo sguardo lontano; che ne oltrepassava il viso e capelli, mossi da un poco di vento.
“Prima non lo sapevo, ma appena ti ho rivisto l’ho saputo; si. Non so più immaginare la vita senza di te.
Piccola sentiva la testa formicolare di pensieri, ma lei stessa non sapeva di quali.
Veramente le formicolava già da prima: era in questo stato da quando aveva riconosciuto Glauco appisolato sotto l’ombrellone, e le si era messa vicino. Così,… semplicemente, come fosse la sola, e più ovvia, cosa da fare.
Ora si sbirciava nella testa, per trovare qualcosa da trasformare in parole, ma non ne trovò. Ma forse, chissà, neanche ne cercava: piuttosto cercava un gesto. Infatti, sorridente, strinse la mano di Glauco, e ne fissò a lungo l’attesa e la speranza ch’erano nello sguardo. Poi lo trasse da sotto l’ombrellone e lo mosse a correre insieme, allegri, verso l’acqua.
Glauco non le chiese se anche lei, a sua volta, lo amasse : lui la amava e lei si lasciava amare: sarebbe certo venuto, e forse presto, il momento in cui avrebbe sentito Piccola dire che non poteva immaginare la propria vita senza di lui. Inoltre,… l’Amore dà, l’Amore non chiede.
Eccoli allora, Piccola e Glauco che, finito il bagno, si avviano lungo la spiaggia guardandosi e parlandosi. Andando, con la speranza nel cuore, incontro ad una storia d’amore forse meno epica, ma forse più grande di quella di Alcesti.
Con poche nubi e molto sereno.